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RICORDI
Cara vecchia via Fratelli Bandiera!
Giuseppe Mauri sul  libro "Giocavamo alla guerra" - Memorie di giovani monzesi


Saggio ginnico alla Villa Reale

Saggio ginnico alla Villa Reale

Chi nella tarda età sì volge indietro a guardare i fatti lieti e i fatti tristi che hanno segnato il percorso della sua fanciullezza e adolescenza non può non emozionarsi.
Erano gli anni del Periodo Fascista. Le scelte familiari, condizionate dalla situazione politica e sociale di allora, avevano prospettato a noi bambini un cammino pressoché obbligatorio nella scuola, nel divertimento, nei rapporti con gli altri. Noi abitanti della cara vecchia via Fratelli Bandiera, ora diventata quasi irriconoscibile per le ristrutturazioni fatte, quegli anni li abbiamo vissuti come se fossimo riuniti in un villaggio o, quanto meno, in un entourage parentale.
Lì in quella breve via chiusa, c'erano le nostre case modeste; ci affacciavamo alle finestre e ci parlavamo come in famiglia. Nel cortile della nostra casa, più grande delle altre, giocavamo e strillavamo noi bambini, poi ragazzi, e li convenivano tutti gli amici del vicinato. Giocavamo con una palla di gomma. Il pallone di cuoio non ce lo potevamo permettere: costava troppo! Ci si divertiva veramente, si sudava, si urlava ed alla fine c'era sempre qualche mamma che, urlando più di noi, ci mandava fuori sulla via Fratelli Bandiera dove si terminava la partita alla palla.
Anche sulla attigua via Berchet non c'era pericolo di venire travolti da qualche automezzo pressoché inesistente a quell'epoca. Si facevano pure altri giochi: a nascundas, a ta ga lee! Che corse e che cadute dal "carelòt" sulla via in discesa!

Cara vecchia via Fratelli Bandiera!!! Ora ti hanno rimessa a nuovo, sei forse più bella; ma come eri allora mi piacevi certamente molto di più!
In fondo alla via, sulla sinistra, in un capannone squallido con i vetri rotti con il tetto mal ridotto abitava "ul sciur Zanichél" un uomo molto povero, ma con una grande dignità. A noi ragazzi diceva di essere stato un artista intagliatore ebanista, sicuramente in tempi migliori. Me lo ricordo nella stagione invernale quando veniva a scaldarsi alla stufa a legna nella Bottega di falegname dello zio Ugo si beveva lentamente un bicchiere di vino e le nostre donne gli davano un piatto caldo. A noi ragazzi raccontava dei fatti della sua vita quando era in Francia. E quasi sempre al tepore della stufa si addormentava. Povero signor Zanichelli! Un giorno lo portarono all'ospedale, e non lo vedemmo più...
Di fronte, sempre in fondo alla via, c'era un droghiere all'ingrosso che fabbricava soda e lisciva (i detersivi di allora): mi ricordo il buon Salvatore l'operaio tutto sporco di bianco e con i capelli bianchi, non certamente per l'età, che maneggiava materiali pericolosi come acidi e soda caustica. Non voleva che noi ragazzi ci avvicinassimo, ma tant'è…!
Di fronte al nostro cancello abitava l'Antonio, un tipo elegante un po' bullo che possedeva una bellissima moto: la Gilera Saturno. Noi ragazzi impazzivamo ogni volta che portava la moto fuori in istrada e la lasciava lì alla vista di tutti noi.
Ma anche noi avevamo la nostra moto: la Guzzi Alcione; veramente era della zia Rachele! Un personaggio caratteristico e burbero che con un solo sguardo e una
alzata di voce (forse era più un urlo) riusciva più dei nostri genitori a richiamarci al dovere. Quando se ne andava in giro in moto indossava una tuta di pelle nera da uomo con relativo casco di pelle; sembrava veramente un uomo, e per quell'epoca era a dir poco molto strano.
Sul pianerottolo della scala di casa nostra in una grande nicchia ci guardava e sembrava custodireci una bella statua in legno della Madonna con Gesù bambino scolpita quasi cento anni fa da un religioso dei Pavoniani. Ora essa è tornata "a casa sua" nella chiesa degli Artigianelli. Il 12 di Settembre, giorno del nome di Maria e festa della Parrocchia di S.Biagio, era anche quella che noi chiamavamo "la nostra festa". Il cortile, la scala, la ringhiera erano tutti ornati con bandierine e festoni di carta colorata e grandi palloncini cinesi nel cui interno brillava un piccolo lumino di cera: …certo, bastava un piccolo soffio d'aria per farlo bruciare. Il giorno precedente era stato tutto un fervore di preparativi che ci vedeva impegnati ragazzi e adulti. Naturalmente non mancava mai la tipica torta paesana, caratteristica della nostra parrocchia. E la sera ci radunavamo tutti sotto la statua della Madonna a recitare il santo Rosario.
Di fronte alla via Fratelli Bandiera sull'area ora occupata, da ormai quarant'anni dagli "Istituti Nuovi": I.T.I.Hensemberger, Liceo Frisi, I.T.C. Mosé Bianchi, si stendeva un immenso campo coltivato a grano (in mezzo alle spighe spiccavano i rossi papaveri e occhieggiavano gli azzurri fiordalisi), a cavoli, a patate, con vari alberi da frutta.

A due passi da casa nostra la scuola elementare Rosa Maltoni Mussolini che venne costruita e inaugurata nell'anno 1935. Alla cerimonia fu presente Benito Mussolini in persona. Si dovette esporre sui davanzali delle finestre bandiere tricolori acquistate appositamente per l'occasione e mai più usate. Avevo solo quattro anni ma il ricordo di quell'avvenimento è rimasto ben vivo in me. Il Duce passò su una grande macchina nera scoperta: era in piedi con una divisa tutta nera e con in testa una bustina con un enorme frangia svolazzante dello stesso colore. Naturalmente tutta la gente inneggiava al suo passaggio e gridava "Viva il Duce ". Questo è stato il mio primo impatto con il periodo Fascista. Io mi rivedo sul marciapiede di fronte alla casa, seduto su uno sgabello e con un piatto di risotto in mano. Infatti tutti gli abitanti della zona che si trovavano sul percorso dovevano scendere in istrada per il saluto"; ma siccome era anche l'ora di pranzo ecco come fu che mi trovai con un piatto di risotto alla milanese davanti al Duce.
Il pomeriggio del sabato (il "Sabato Fascista") noi ragazzi dovevamo recarci alla GI.L. (Gioventù Italiana del Littorio), il Palazzo in pessimo stile fascista, attualmente in fase di ristrutturazione, dietro la Stazione ferroviaria. Dietro il Palazzo c'era un grande campo (dove nel dopoguerra fu costruito il campo di calcio del A.C. Monza) per le varie esercitazioni fisiche, per i corsi di caposquadra e dove ci veniva insegnata la disciplina paramilitare. I più piccoli con la divisa di Figli della Lupa, i ragazzi con quella di Balilla, mentre le femmine indossavano la divisa di Piccole Italiane e poi di Giovani Italiane. E questo lo si doveva fare per tutto l'anno scolastico sia col bello che col brutto tempo. Le divise venivano acquistate nel negozio della Casermetta in via Carlo Alberto.

Alla fine dell'anno scolastico si eseguiva il Saggio ginnico alla Villa Reale; si doveva rimanere varie ore in attesa, inquadrati e immobili sotto il sole. Molti di noi si esaltavano, altri si sentivano male...
A scuola studiavamo anche "Il primo e il secondo Libro del Fascista" libri di testo con domande e risposte preparate a modo di catechismo. Ricordo che alla domanda “Perche il Duce ha sempre ragione?” il nostro papà ci diceva “Perché bisogna dargliela” ma la mamma “No, non dire così, poi lo ripetono a scuola!”. La libertà non c'era; c'era solo il rischio dell'arresto.
Poi venne la guerra! La cantina della nostra casa fu rinforzata con grosse travi e dichiarata idonea come Rifugio antiaereo, a ricevere tutto il vicinato durante i bombardamenti. Quando suonavano le sirene per l'allarme antiaereo, soprattutto di notte, la nostra cantina si riempiva per lo più di donne e bambini: si pregava, si dormiva, si piangeva per la paura, e magari qualcuno si consolava con una bottiglietta di "quello buono".
E i bombardamenti incominciarono subito dopo quel fatidico 10 giugno 1940!
Una notte, dopo il suono delle sirene, si sentirono sopra di noi molti aerei nemici; l'Antonio, quello della Gilera Saturno, che di solito arrivava nel rifugio vestito a puntino, per la fretta o per la paura si presentò con una calza al posto della cravatta. Penso che in quei momenti di paura lo avremo notato solo noi ragazzi! Un'altra notte, sempre durante l'allarme, una pattuglia di squadristi venne a prelevare un vicino di casa, che aveva scritto pochi giorni prima sul muro di cinta del campo di grano "Fine dell'eppoppea (sic) fascista". Fu portato a Mathausen e ora è sepolto nel Cimitero di Monza tra gli altri Partigiani.
Durante l'allarme aereo di una notte dell'Ottobre 1942, nel rifugio cantina, durante l'ennesimo Rosario, mentre ero semi addormentato, sentii precipitarsi giù dalle scale gli uomini che normalmente rimanevano in cortile, e quasi contemporaneamente i muri vibrare con enorme fragore. Gli Americani avevano sganciato cinque grosse bombe proprio vicino a casa nostra. La vera guerra era arrivata anche qui! La sfortuna non ha voluto però accanirsi più di tanto sulla nostra via. Due sole bombe esplosero, le altre tre finirono nel terreno del campo di fronte molle per le piogge. Una bomba centro in pieno un grande pollaio dei contadini facendo una strage di un centinaio di polli, che a quei tempi di carestia... Purtroppo anche una suora dell'Istituto Buon Pastore venne colpita a morte dal cornicione del tetto.

Verso la fine della guerra, e più precisamente l'ultimo giorno del 1944, noi ragazzi stavamo giocando alla palla sulla strada, quando senza preavviso di allarme vedemmo sbucare a bassissima quota aerei da caccia americani che volteggiavano sopra di noi per poi buttarsi in picchiata sulla Stazione ferroviaria mitragliando e bombardando. Ormai sapevamo che gli americani non colpivano più obiettivi civili: stavamo quindi a naso in su a goderci lo spettacolo!
Durante la guerra nelle ore serali e notturne fu imposto l'oscuramento: ciò significava che la città doveva rimanere completamente al buio. Anche noi fummo obbligati a dotare tutte le finestre di fogli di carta pesante di colore azzurro cupo. Era severamente vietato far filtrare dalle finestre la luce. Se ti scoprivano finivi in prigione. Per controllare si alzava in volo sopra le nostre teste quasi ogni sera un piccolo aereo chiamato dalla gente Pippo.
Il nostro papà scendeva molto spesso, negli ultimi anni del conflitto, dalla zia Rachele che abitava in un appartamento situato in una zona della casa protetta da orecchie indiscrete, per poter ascoltare di nascosto le trasmissioni di Radio Londra. Il giornalista fascista Mario Appelius si inseriva spesso nella trasmissione stessa per renderne più difficoltoso l'ascolto, facendo ulteriore propaganda fascista e chiamando il commentatore inglese, mi pare si chiamasse colonnello Stevens, asino di Londra.

Una delle conseguenze tragiche della guerra era il problema della fame: i viveri si potevano acquistare in scarsa misura con le tessere annonarie. Era evidente che ognuno cercava di rivolgersi alla cosidetta "Borsa nera" un fenomeno questo messo in piedi da gente poco scrupolosa che si accaparrava generi alimentari per poterli poi vendere a prezzi nettamente maggiorati. Anche la mamma andava a Bellusco con la Littorina ad acquistare dai contadini generi alimentari strettamente necessari e del granoturco, che poi macinavamo di nascosto nel laboratorio dello zio per farne polenta. Anziché rivolgersi alla borsa nera molte volte ci scambiavamo generi alimentari, sempre di nascosto dalle autorità. La mamma cedeva lo zucchero, di cui eravamo abbastanza provvisti perché nella nostra famiglia c'erano cinque bambini, per avere in cambio lardo strutto e farina.
Capite perché noi, ora adulti e ormai vecchi, abbiamo imparato ad economizzare, o meglio a non sprecare, sia a tavola che in tutte le situazioni della vita?
Ma anche questa bufera, questa triste esperienza passò lasciando in noi, allora bambini, una profonda traccia che ci ha accompagnato per tutta la nostra vita.
Vennero finalmente i tempi spensierati della giovinezza con le allegre compagnie e le belle gite in montagna. Poi con il passare degli anni, tutti noi, più o meno silenziosamente ce ne siamo andati.

Cara vecchia via Fratelli Bandiera!!! Sono passato vicino a te e mi sono fermato a guardarti: con molta emozione e con pizzico di malinconia ti ho vista più bella. Te lo meritavi! Ci hai aiutato a stare insieme, ci hai insegnato a giocare, hai sopportato le nostre marachelle, sei stata veramente parte della nostra vita. Grazie!! Temo però che gli interventi più o meno recenti che ti hanno resa più moderna e forse più funzionale ti lasceranno un po' di tristezza: non ti hanno lasciato più lo spazio per il gioco e per l'allegria dei bambini!
Cara vecchia via Fratelli Bandiera!!! Resterai sempre nel mio cuore, con la tua immagine di "piccolo Borgo" tanto caro agli occhi della mia infanzia e della mia gioventù.

Giuseppe Mauri


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 13 settembre 2003